Vacanze a Milano
L' espansione urbana di Milano (Lombardia), la capitale industriale e finanziaria d'Italia (le aziende a Milano rappresentano il 6%), è avvenuta ad anelli concentrici via via più larghi a partire dal nucleo d'origine romana e medievale. L'impianto a cerchie ha confinato la città in un ostinato monocentrismo, mettendo un serio limite al suo sviluppo proprio per la mancanza di un polo urbano alternativo.
Va invece demolita la certezza che vuole Milano città principalmente moderna, che ha scelto di "annullare" le sue memorie. Se è vero, infatti, che i piani regolatori otto-novecenteschi e le bombe dell'ultima guerra hanno dato una forte spinta alla riduzione del tessuto storico, è anche da non sottovalutare la vocazione dei milanesi di, ogni epoca a modificare, a ogni cambio di potere, il volto monumentale della città, attraverso ininterrotti rifacimenti degli edifici esistenti. Anche nel medioevo fu così, quando con il libero Comune e poi con l’eleganti signorie dei Visconti e degli Sforza, il romanico fu rinnovato in gotico, e il gotico si evolse in rinascimento, sempre mettendo mano agli stessi luoghi e alle stesse strutture. Il continuo divenire delle pietre, all'inseguimento dei nuovi gusti e dei nuovi simboli del potere, non rende agevole un percorso medievale in città, che si svolge tutto entro la cerchia interna dei canali che, fino agli anni trenta del Novecento, fecero del capoluogo lombardo una città d'acqua.
Il ricco patrimonio monumentale e artistico va dunque ricercato con pazienza, avendo sempre presente che i cambiamenti, o meglio le ininterrotte sono esse stesse l'espressione più semplice dell'identità dei milanesi di ogni tempo.
Piazza del Duomo.
È il centro religioso della città almeno dal IV secolo, come dimostrano gli scavi archeologici in vista sotto il Duomo. L'aspetto attuale, con i palazzi a portici sui lati lunghi, è invece recente, in quanto esito della ristrutturazione condotta tra il 1865 e il 1873 da Giuseppe Mengoni, autore anche del grande portale d'accesso alla galleria Vittorio Emanuele II, che si apre a sinistra della Cattedrale. Lo fronteggiano i due edifici a logge dell'Arengario, (1939-56), alla cui sinistra si trova la piazzetta Reale, sulla quale affaccia il Palazzo Reale, neoclassico sede del Museo del Duomo e del Civico Museo d'Arte contemporanea. In origine sorgeva qui il Broletto Vecchio, prima sede delle istituzioni comunali, dal 1270 dimora dei Torriani e nel 1310 dei Visconti. Il moderno cortile interno era il perno della ricostruzione voluta da Azzone Visconti nel 1330, di cui ubicano parte delle murature e le bifore. Di fronte al Duomo risalta il monumento equestre a Vittorio Emanuele II, qui posto nel 1896.
Il Duomo.
La costruzione della gigantesca Cattedrale richiese più di quattro secoli, visto che la posa della prima pietra si verificò nel 1386 e la facciata fu terminata nel 1813. La nuova Cattedrale fu la più colossale iniziativa costruttiva del raffinato Gian Galeazzo Visconti, che chiamò una folla di architetti e scultori internazionali.
A loro spetta l'originaria impostazione tardo-gotica di gusto renano-boemo con la parte absidale aperta dal grande finestrone, dove compare lo stemma di Gian Galeazzo. Sotto il suo successore, Filippo Maria Visconti, la chiesa diede inizio a popolarsi d’infinite statue, contrafforti, doccioni con figure mostruose, mensole, guglie che riassumono l'arte statuaria lombarda nell'arco di molti secoli.
Il lunghissimo intervallo di tempo, dal XV al XIX secolo, vide alternare alla direzione della fabbrica i più bei nomi dell'architettura: Giovanni e Guiniforte Solari, Giovanni Antonio Amadeo nella seconda metà del Quattrocento, Vincenzo Seregni e Pellegrino Tibaldi nel Cinquecento.
Tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce conseguì il coronamento del tiburio con la guglia maggiore, sulla quale fu alzata cinque anni più tardi la statua della Madonna destinata a divenire il simbolo della città. La complessità della vicenda produttiva è testimoniata principalmente dalla facciata, con portali e sovrastanti finestre del XVII secolo, balcone centrale del 1790, tre finestroni neogotici e porte in bronzo novecentesche; quella a destra, adorna di panelli che decorano la storici Duomo, è opera dello scultore bolognese Luciano Minguzzi.
Dentro il Duomo
L'interno è a cinque navate, chiuse da transetto e profondo presbiterio con deambulatorio: ritmano questo spazio, tipico del gotico lombardo, 52 grandissimi pilastri polistili, che sorreggono monumentali capitelli ornati da statue di santi e profeti. Accompagnano il susseguirsi delle navate finestroni con grandi vetrate istoriate, in grati parte risalenti ai secolo XV-XVI. Riflette il progetto del Tibaldi la disposizione di arredi, altari, mausolei e cappelle, tra i quali risaltano il monumento di Gian Giacomo Medici nel transetto destro, opera di Leone Leoni e il gotico candelabro Trivulzio all'estremità di quello sinistro.
Alle spalle dell'altare maggiore, il ciborio in bronzo dorato disegnato dal Tibaldi separa il "presbiterio festivo", sovrastato dai pulpiti e dai altissimi organi cinquecenteschi, dalla cappello feriale, dove trova posto il coro in legno intagliato a due ordini di stalli.
Sul deambulatorio affacciano i purificati portali delle sagrestie, uno dei quali si deve a Giacomo da Campione. La scala di fronte alla sagrestia meridionale scende alla cripta e allo Scurolo di S. Carlo, cappella ottagonale con l'urna di cristallo che conserva le spoglie di S. Carlo Borronneo; nei locali vicini, il tesoro raccoglie pregiati lavori di oreficeria sacra, alcuni tra i quali risalenti al IV e al V secolo.
Le chiese paleocristiane e i terrazzi.
Sotto il Duomo si distende la suggestiva area archeologica, dove un cammino attrezzato permette di vistare gli edifici religiosi alto-medievali.
Si riconosce il Battistero di S. Giovanni alle Fonti, innalzato nel 386: in questa chiesa, secondo la tradizione, S. Ambrogio battezzò S. Agostino la notte di Pasqua del 387. Ha forma ottagonale con nicchie e fonte battesimale della stessa forma. Ben visibili sono anche le absidi di S. Tecla, la basilica estiva, innalzata prima del IV secolo, rinnovata nell'XI e distrutta nel XV per far posto al Duomo Nuovo. Dalle viscere della Cattedrale ai terrazzi, cui sale un ascensore: il panorama è spettacolare, dove l'orizzonte si perde a 360 gradi nella pianura circostante, con il profilo a distanza delle Prealpi e delle Alpi. Vi si osservano da vicino alcune delle oltre 3400 statue di personaggi della Chiesa e della storia, che decorano la chiesa e le guglie: quella vicina all'ascensore, detta guglia Carelli, è del 1397.
S. Maria presso S. Satiro.
Questa chiesa fu voluta nel IX secolo dall'arcivescovo Ansperto, tra i personaggi principali della rinascita della città dopo il decadimento d'età longobarda. In quella stessa epoca, Milano assisteva alla riorganizzazione urbana e alla definizione del nuovo perimetro murato, che diventerà, nel XII secolo, la "cerchia dei Navigli".
La basilica di Ansperte è ora assorbita nella celebre architettura ideata da Bramante: forma la cappella della Pace, a pianta a croce greca con al centro una cupoletta ottagonale; alle pareti, resti di affreschi bizantineggianti, raffiguranti Madonna col Bambino e Santi, sulle colonne capitelli paleocristiani, romanici e trecenteschi. Si consiglia di scrutare l'esterno della cappella di Ansperto da via Mazzini: risaltano all'occhio il bellissimo tiburio quattrocentesco e, vicino, lo slanciato campanile del X secolo, prototipo dei campanili romanici lombardi.
La chiesa bramantesca.
Il nome della chiesa di S. Maria è legato a Donato Bramante, che lavorò al rifacimento dell'edificio medievale dal 1478. Considerate le dimensioni ridotte delle tre navate, introdotte da una facciata di restauro, Bramante decise di serrare con un finto presbiterio, in modo da trasmettere un'immagine di maggiore profondità. All'altare maggiore, preziosa Madonna votiva del XIII secolo. Dalla navata destra si entra al corpo ottagono del battistero, parimenti brarmantesco, decorato da un bellissimo fregio di putti e busti virili in terracotta colorata.
S. Maria presso S. Celso
1 Secoli XI e XII furono quelli della apparizione romanica in città. Dove sorge questa chiesa, in corso Italia fuori le mura comunali, si era in quegli anni compiuto un borgo sostanzialmente religioso, sul luogo dove S. Ambrogio avrebbe ritrovato i corpi dei santi Nazaro e Celso, alzandovi una colonna con l'immagine della Madonna. Sorsero qui due chiese vicini, la scomparsa S. Nazaro in Campo e S. Celso presso un convento benedettino e un ospedale di pellegrini e i devoti alla Vergine vi convergevano sempre più molteplici, tanto che a fine Quattrocento fu deciso di innalzare una grande chiesa.
S. Maria dei Miracoli.
Nacque così, presso S. Celso, questo santuario, che è tra i più interessanti, esempi di architettura del primo Cinquecento, ideato da Gian Giacomo Dolcebuono ma portato a conclusione da altri architetti. Tra questi, Cesare Cesariano, che concretizzò il sobrio quadri portico di fronte alla facciata, alle cui spalle si schiudono tre eccellenti navate con transetto e cupola sorretta da quattro pilastri. Sull'altare al secondo pilastro sinistro risalta una magnifica statua dell'Assunta, opera di Annibale Fontana; nel ricco patrimonio d'opere d'arte, meritano particolare attenzione anche il coro a tarsia nel presbiterio, disegnato da Galeazzo Messi e la vergine che adora il Bambino nella prima cappella della navata sinistra, a firma dei Bergognone.
S. Celso.
Della chiesa medievale si osservano il campanile romanico-lombardo; l'interno conserva i pilastri, i capitelli zoomorfi e l'abside semicircolare, non soltanto resti di affreschi. Dal giardino se ne può osservare la facciata, con portale centrale originario raffinatamente scolpito. Parti della chiesa demolita, con bei capitelli dei X secolo ed elementi architettonici sparsi, si riconoscono su un muro che limita il giardino.
S. Eustorgio.
La basilica è, infatti, documentato dal VII secolo e ingloba parte dell'edificio romanico, alzato dopo il sacco di Milano a opera di Federico I Barbarossa; passata nel Duecento ai Domenicani, assunse durante il secolo successivo un assetto da allora immutato.
Uno sguardo al campanile, elevato tra il 1297 e il 1309, e si varca l'ingresso dell'aula interna, divisa in tre navate; sulla destra si aprono sei cappelle che custodiscono affreschi e monumenti sepolcrali tre-quattrocenteschi. Nel transetto destro, la cappella dei Magi riceve un sarcofago romano che fino al 1164 custodì le presunte reliquie dei tre personaggi, trasferite dal Barbarossa a Colonia.
Dalla pseudocripta dietro l'abside, dove si identificano le fondazioni della realizzazione alto-medievale, si entra nella magnifica cappella Portinari impostata su due vani a pianta quadrata chiusi da una cupola. I meravigliosi affreschi parietali, capolavoro di Vincenzo Foppa, fanno corona all'arca in marmo di S. Pietro martire, incisa nei 1339 da Giovanni di Balduccio.
S. Vincenzo in Prato
Ha avuto infiniti vicissitudini questa piccola chiesa, fondata nel X o nell’XI secolo. Fino al 1520 fu annessa a un monastero benedettino, per poi venire profanata dai Francesi, destinata a magazzino e a caserma, quindi modificata in fabbrica di prodotti chimici. Nel 118811 cominciarono i lavori di ripristino, che consentirono di recuperare l'abside centrale e la cripta del tempio romanico.
S. Ambrogio.
Quando vi furono trasferite le reliquie del patrono di Milano, la basilica esisteva già da 18 anni, essendo sorta nel 379 come luogo di sepoltura dei martiri Gervasio e Protasio. L'edificio moderno è però frutto della ristrutturazione condotta a cavallo tra I'XI e il XII secolo, anche se da allora gli interventi di restauro e di rinnovamento si sono conseguiti quasi senza soluzione di continuità. Precede il tempio un eccellente atrio rettangolare a portici, dietro li quale si erge la grande facciata a capanna, composta da due loggiati sovrapposti e fiancheggiata da due campanili. Sul portate sinistro spicca un rilievo preromanico raffigurante S. Ambrogio, mentre quello centrale è decorato di minuti intagli a intrecci viminei e figure mostruose dei secoli VIII-X.
L'interno di S. Ambrogio
Grandi volte a crociera coprono le tre navate interne, scandite da pilastri, con matronei, tiburio e profonda abside centrale. Spicca il pergamo nella navata centrale, riorganizzato subito dopo il crollo del 1196; al centro del presbiterio quattro colonne romane sorreggono il ciborio, il cui baldacchino a stucchi policromi protegge il paliotto fatto nell'835 da Volvinio, superba testimonianza d'oreficeria carolingia in lamine cesellate d'oro e d'argento.
Tra le altre opere d'arte, si segnala la Madonna col Bambino di Bernardino Lanino strutturata nella 611 cappella destra; quella successiva inizia il sacello di S. Vittore in Ciel d'oro, aula paleocristiana (IV secolo) che, sebbene i rimaneggiamenti settecenteschi e novecenteschi, conserva nella cupola pregiati mosaici dei V secolo con figure di santi. Dalla navata sinistra si entra invece al portico della Canonica, innalzato nel 1492- 99 da Bramante; i bombardamenti dell'ultimo conflitto mondiale ne hanno imposto un quasi totale rifacimento. Vi affaccia l'ingresso del Museo di S. Ambrogio, che raccoglie preziosi cimeli relativi alla storia della basilica.
La vicina pusterla di S. Ambrogio è invece un infelice restauro moderno della scomparsa porta medievale, decorato da un tabernacolo di scuola campionese del 1360.
Castello Sforzesco.
Il Castello di Milano nasce per opera di Francesco Sforza, marito di Bianca Maria Visconti, che nel 1450 intraprese la ristrutturazione del fortilizio detto di Porta Giovia, fatto innalzare nel 1358-68 da Galeazzo II Visconti per difendere la parte occidentale della città, a riparo delle mura trecentesche.
La nuova struttura adoperò largamente gli edifici preesistenti, creando un complesso rafforzato sicuro ma anche destinato all'ornamento della città.
Alla morte di Francesco la struttura divenne l’abitazione del successore Galeazzo Maria. Questi decise di cambiare in residenza signorile e chiamò a ornare artisti del calibro di Vincenzo Foppa e Cristoforo Moretto; lo stesso fece, tra il 1494 e il 1499, Ludovico il Moro, che ebbe al suo servizio anche Leonardo e Bramante.
Sotto il dominio spagnolo il castello tornò a essere adoperato per scopi militari, con la realizzazione di grandiosi baluardi che lo resero una tra te roccaforti più fortificate d'Europa; tali opere furono però distrutte per ordine di Napoleone. Nel suo insieme, il Castello è oggi un ammassato molto complesso di un esito dei rifacimenti succedutisi fino all'Otto-Novecento, testimoniando l'evoluzione del gusto costruttivo e della cultura milanesi nell'arco di sette secoli.
I Musei dei Castello.
in fondo alla vasta corte detta piazza d’Armi, che si apre al di là del prospetto frontale, è l'ingresso ai Musei del Costello, insieme espositivo tra i più rilevanti d'Europa. Ne fanno parte le Civiche Raccolte d'Arte applicata e incisioni, la Pinacoteca e le Civiche Raccolte archeologiche e numismatiche, queste ultime legate al Museo Archeologico di corso Magenta.
Visitando le quattro esposizioni si possono osservare anche le decorazioni degli ambienti interni, tra i quali meritano attenzione la sala del Gonfalone, la sala delle Asse, con volta conseguita i magnifici arazzi dei Mesi, fatti nel 1503 a Vigevano su disegno del Bramantino.
Piazza Mercanti.
Il percorso finisce rientrando in piazza dei Duomo, lungo via Dante e il Cordusio, attraverso l'arca urbana che fu dal XIII secolo luogo famoso della società civile milanese. Un tempo, dove ora sorgono il palazzo dei Giureconsulti (via Mercanti) e quello della Ragione (che separa via Mercanti dalla piazza dei Mercanti), si allungava la piazza duecentesca del Broletto Nuovo, ha forma quadrata e chiusa da cinque portoni che davano accessibilità ai maggiori quartieri cittadini. AI centro si innalzava il Salone dei Giudici mentre ai lati le cortine porticate accoglievano le magistrature civili, le corporazioni mercantili e i commerci.
Palazzo della Ragione.
Il suo nome ricorda che vi avevano sede le magistrature cittadine, ma l'edificio è detto anche Broletto Nuovo, per via della sua tipologia costruttiva. Modello dei palazzi pubblici lombardi, fu innalzato nel 1233 sotto il podestà Oldrado da Tresseno, rappresentato nel rilievo equestre sulla facciata, con portico sul livello stradale e grande salone al primo piano; il secondo ordine, ritmato da finestroni ellittici, fu unito tra, il 1771 e il 1773 da Francesco Croce per sistemare il fabbricato a sede dell'archivio notarile.
Perduta tale funzione negli anni della seconda guerra mondiale, il palazzo è oggi utilizzato come contenitore di mostre temporanee. Sulla piazza, solo la fantasia può soccorrere a riconoscere gli assetti medievali: l'ottocentesco palazzo di una banca occupa il luogo del trecentesco portico della Ferrata, la loggia degli Osii è rifacimento in stile; la casa dei Panigarola, di Luca Beltrami, era un tempo l'abside dell'antica chiesa.
La Brianza.
Oggi la parola Brianza indica soltanto un'area geografica, nonché uno trai nuclei di quel tessuto economico che della Lombardia una delle regioni più ricche del continente. Ed è anche un enorme serbatoio di forza lavoro qualificata, che ogni giorno arriva a Milano sui treni delle Ferrovie Nord, oppure al volante dei veicoli che nelle ore di punta s’intasano lungo autostrade e tangenziali. Ciò non toglie che agli occhi dei milanesi, la Brianza appaia ancora come un'area residenziale, a prima vista lontana dall'inquinamento atmosferico che addolora il capoluogo, potendo comunque contare su un'efficiente rete delle comunicazioni col capoluogo, strutture ricreative e principalmente su un po' di verde sotto casa. A Milano e al suo ducato sono allacciate anche le vicende storiche della zona, come testimoniano sia i castelli dei Visconti e dei Borromeo, sia le dimore barocche e neoclassiche fatte innalzare dalla nobiltà meneghina. Lungo l’Adda sono invece i reperti di archeologia industriale ad attirare l'attenzione, primo tra tutti il villaggio operaio di Crespi d’Adda, accompagnati dai lembi di natura protetta entro il Parco fluviale dell'Adda Nord.
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